Ho aspettato così tanto tempo a scrivere le mie impressioni su didattica e formazione online, che pratico giocoforza da marzo, che è arrivato prima Enrico Marchetto e ha detto praticamente tutto quello che volevo dire io, probabilmente meglio. Pazienza, la prossima volta mi muovo prima, intanto leggetelo perché è, come sempre, bravissimo.
Ci tengo comunque a condividere la mia esperienza e quello che ho imparato. A marzo avevo ancora in corso il Master alla Sissa di Trieste – ma era più facile, avevo almeno conosciuto i ragazzi in aula l’inverno prima – e avrei dovuto iniziare un nuovo Master alla Cattolica di Brescia. Che abbiamo spostato online, e qui era più complesso: non ci eravamo mai incontrati di persona – e mai l’avremmo fatto. Dalla primavera a oggi ho erogato, come si dice con un orrendo verbo che sa di distributori di benzina, innumerevoli ore di formazione universitaria, in azienda, durante eventi più complessi a più voci e anche one to one. Molte cose, come tutti noi, le ho imparate facendole. Altre le ho mutuate dalle mie millemila ore di esperienza in aula. Altre le ho trovate in questa interessante pubblicazione che vi consiglio di scaricare: The Definitive Guide To Facilitating Remote Workshops. Altre, sicuramente, le ho ancora da imparare, ma data la situazione non so quando torneremo in aula, per cui c’è tempo, ahimè.
1 Il mindset
Non tutto il male viene per nuocere. Verissimo. In questi mesi per altri aspetti tragici, ho visto un’accelerazione verso il digitale pazzesca, da parte di aziende e realtà (come molte università) che continuavano a rifiutarlo. Indietro non si torna, per cui questo è un aspetto positivo. In più: i viaggi, i treni, i ritardi, i casini. Casa nostra è diventata claustrofobica, vero, ma io l’anno scorso ho fatto più di 14.000 km in treno. Forse una via di mezzo è la cosa migliore, forse abbiamo imparato che per una lezione da due ore o, peggio, una riunione di un’ora, non è il caso di fare 300 chilometri. Inoltre, per la prima volta, quest’anno sono riuscita a partecipare a una sessione di laurea di un mio tesista a Trieste; data la distanza, non ero mai riuscita a seguire una mia tesi durante la discussione, e questa cosa mi ha davvero riempito di gioia. Questo per dire: lungi da me fare l’ottimista, non vedo l’ora che questa situazione finisca; ma continuare a lamentarsene non migliorerà le cose.
2. La piattaforma
Se posso scegliere, uso Zoom perché è il più semplice, intuitivo e stabile. Però ho lavorato su qualunque piattaforma e davvero, dopo qualche minuto di smarrimento, più o meno si equivalgono. Prendetevi dieci minuti per entrare in confidenza e via. L’unica cosa importante – banalità – è la stabilità della rete e un buon microfono affinché vi si senta chiaramente. E un po’ di luce sul viso – non dovete trasformarvi in una Paola Ferrari o Barbara D’Urso illuminate dai riflettori di San Siro, ma neppure risultare evanescente come un ectoplasma in penombra.
3. Il materiale
Preparatevi ancora meglio e ancora di più. Online crediamo di avere filtri e schermi che ci proteggono, in realtà – esattamente come capita per quello che pubblichiamo sui social media – siamo più nudi e più esposti. La corazza da indossare è una preparazione impeccabile, perché non sempre potete riempire i vuoti con una battuta (avete mai provato a scherzare davanti a venti rettangolini di webcam e venti microfoni spenti? Il silenzio che segue è agghiacciante, ci vuole un surplus di autostima per continuare).
4. I tempi e le regole
Online la formazione è più faticosa, è indubbio. Per il docente e per chi lo ascolta. La prima impressione, all’inizio, è stata quella di un tempo che si dilatava all’infinito. Nella mia esperienza, il modulo che funziona di più è quello di due ore, ovviamente con una pausa in mezzo, ma mi è capitato di farne anche quattro filate e lì l’organizzazione dei tempi è fondamentale. Prima di tutto, le regole d’ingaggio: dite subito ai corsisti cosa si devono aspettare, come intendete organizzare il tempo insieme e cosa vorreste fare. Anticipate quando ci saranno le pause (meglio pochi minuti ogni ora), quando sarà il momento delle domande, eccetera. Per le domande, in particolare, se il gruppo è poco numeroso potete tranquillamente farvi interrompere – è anche l’occasione per rifiatare e magari aggiungere spunti alla lezione. In caso di gruppi oltre i 20-30, meglio riservare 5-10 minuti alla fine di ogni sessione di contenuto. Per quanto riguarda la videocamera: io, a differenza di quel che dice Enrico, chiedo per quanto possibile di tenerla aperta perché sono una maledetta empatica che si sintonizza sulle vibrazioni dell’aula e quindi risulto più efficace se vedo dei volti e non uno schermo nero.
5. Le slide, ma non solo
Preparate le slide con particolare cura, vedi punto 3. e assicuratevi che vengano distribuite alla fine del corso. Ma preparatevi anche software, piattaforme, siti, account da mostrare, già aperti per non perdere tempo a cercare e per interrompere la monotonia delle slide. Se c’è una cosa che non sopporto quando sono io la corsista è ascoltare per interminabili minuti un docente che cerca qualcosa sul suo computer. Dunque dovrebbe essere questo…ah no… ora non lo trovo…aspettate che cerco… (mi ero già addormentata). Enrico Marchetto suggerisce anche di tenere aperto un file di Word dove man mano scriverete i concetti più importanti della lezione, da distribuire poi insieme alle slide. Ho fatto un corso con lui, in effetti è utile e funziona.
6. Le esercitazioni
Fondamentali. In questi mesi ne ho fatte di ogni genere: che duravano un’ora, una settimana o un mese, a seconda del tipo di corso. Sono utilissime durante i corsi in aula e imprescindibili online per creare un gruppo, mettere in pratica la teoria appena vista e spezzare il ritmo. Per i Master universitari ma anche per la formazione aziendale di più giornate hanno funzionato molto bene le esercitazioni di gruppo da una lezione all’altra, che spesso coincideva con una settimana: gli studenti imparano anche a creare un flusso di lavoro con whatsapp o qualunque altro strumento vogliano usare e a confrontarsi costantemente da remoto, mentre il docente può essere sempre reperibile per un consiglio (sì, significa lavorare di più. No, se non lo volete fare forse è meglio che lasciate perdere la formazione, perché è anche questa roba qui, chiamiamola pomposamente mentorship, ma comunque il seguirli nel percorso). Per i corsi brevi di due-quattro ore ho trovato molto interessante il lavorare in tempo reale a un documento condiviso a più mani e più voci: la riscrittura di un comunicato stampa o del copy di un post, ma anche la creazione di un excel con le domande e risposte più comuni da avere pronte per il customer care.
7. Il tono di voce
In questo caso, non intendo solo l’approccio, il linguaggio e le scelte lessicali: proprio il tono della vostra voce, che deve riempiere il vuoto lasciato dalla presenza fisica. Io per ogni lezione in aula di tre, quattro ore perdevo più di un chilo, tra la disidratazione e il camminare su e giù. Giuro. Poi il chilo lo riprendevo immediatamente con l’aperitivo post-lezione, ma non è questo il punto. Non ho mai insegnato da seduta, sempre in piedi, sempre in movimento, cambiando continuamente tono. Lo trovo fondamentale per mantenere viva l’attenzione, soprattutto quando le persone vi sentono parlare per ore. Online la vostra voce deve fare le veci di tutta la vostra presenza fisica, per cui evitate come la morte il salmodiare in tono monocorde tipo la Marina Massironi quando presentava i Bulgari. Se non vi sentite sicuri del vostro accento e del vostro tono, sappiate che a me, anni fa, ha cambiato la vita frequentare un corso di dizione. Niente di troppo tecnico o teatrale, ma ha decisamente migliorato i miei risultati in aula. Comunque: alzate e abbassate tono, fate qualche pausa, parlate a voce alta, non correte, non fate troppi incisi ma raccontate tanti aneddoti, vostri e delle aziende per le quali avete lavorato. Chiedete spesso feedback: tutto ok? È chiaro? Vi sono utili queste cose? Continuiamo così? E sì, provate a fare qualche battuta. A volte la risata o il commento arrivano, magari dopo qualche minuto – il tempo per tutti di aprire il microfono – ma sono un balsamo per le vostre orecchie.