In ritardo, come al solito: ma avete ancora quasi due giorni. E poi potete anche regalare libri per Capodanno, no? E poi cosa mi volete dire: che si regalano e leggono libri solo a Natale? Figurarsi.
Sul comodino ora
Iniziamo dal titolo più natalizio: quel Che palle il Natale dell’amica Rossella Calabrò, divertente come sempre e poi, come darle torto? Occhio però che Rossella non è il Grinch: a lei il Natale piace eccome. Però vi dà degli utili consigli di sopravvivenza.
I diari della principessa. “In loving memory of our Princess Carrie Fisher”, basterebbe questa scritta, in coda all’ultimo episodio di Star Wars, The Last Jedi, per correre in libreria e divorarlo. E scoprire una donna meravigliosa, brillante, ironica. Lacrimuccia.
Di Pierluigi Cappello parlo spesso, permettetemi di farlo ancora una volta, alla fine di quest’anno in cui è volato via. Leggetelo. Rileggetelo. Leggete l’ultimo, Stato di quiete, o uno qualsiasi degli altri. Regalatevi pace, amore per la parola, bellezza assoluta.
Di Annie Ernaux ho appena finito Gli anni e, ovviamente, #hopiantotanto. Questo è Il posto, in cui l’autrice con il suo stile tagliente, chirurgico, personalissimo racconta la storia di suo padre. Sul comodino in attesa che il delirio natalizio finisca, per avere il giusto silenzio e poterlo cominciare.
L’oroscopo 2018 di Simon & The Stars è un guilty pleasure, perché mi sono resa conto che negli ultimi mesi è l’unico che leggo con piacere (e, che vi devo dire: ci azzecca). L’unico che leggo insieme a quello di Paola Sucato, che sta scrivendo in tempo reale le previsioni 2018 sulla sua pagina Facebook. Se siete curiosi le trovate qui (ma mentre scrivo, la Bilancia ancora deve arrivare).
Un progetto bellissimo: Pinocchio in emoji, con tanto di grammatica e glossario. È curato da Francesca Chiusaroli, linguista, ma è frutto di una traduzione collettiva su twitter e di un dizionario digitale realizzato su telegram; per altre info leggete qui, io vi regalo la foto di una pagina con testa fronte per rendervi conto della bellezza (e del lavoro immane).
Consigliati dagli amici
Questa è stata una tornata di titoli particolarmente invisa alla mia gatta, come potete vedere, perché guardavo e fotografavo loro anziché darle da mangiare.
Comunque. Di Piperno ho amato moltissimo l’esordio, molto meno il resto. Felice di aver trovato nel suo Manifesto del libero lettore un testo che definirei necessario per chiunque ama leggere. Chi è il libero lettore? Uno che “Cerca atmosfere, personaggi, buone storie, mica qualcuno che gli spieghi perché cercarle è un obbligo morale.” Il libero lettore siamo noi, evviva.
Roberto Bolaño, e in particolare quel titolo, perché ancora non l’ho letto e lo consigliava sempre il mio amico libraio Beppe Marchetti, sparito in una notte di novembre sull’Appennino emiliano e mai più trovato. Lo leggo, Beppe, te lo giuro: quest’anno lo leggo.
L’arminuta perché è teso, bellissimo, pauroso, viscerale: se ancora vi manca e avete un po’ di tempo nelle vacanze, leggetelo subito (Premio Campiello se v’interessano i riconoscimenti).
Chimamanda Negozi Adichie perché di lei leggo tutto, a prescindere, e perché ho una figlia e sì, vorrei tanto che crescesse femminista. Cara Ijeawele, ovvero quindici consigli per crescere una bambina femminista è il libro che fa per noi.
La fine del mondo e il paese delle meraviglie di Murakami perché ancora non l’ho letto e me l’ha consigliato Mafe e di lei mi fido (il precedente è stato Gli anni della Ernaux, per cui, grazie).
Infine Atlante leggendario delle strade d’Islanda come buon proposito: voglio andare in Islanda da una vita, che il 2018 sia l’anno buono? Intanto mi porto avanti con questo libro bellissimo e sognante.
Genova per voi
Questo è un libro particolare, non solo perché l’autrice è un’amica e il soggetto riguarda la mia adorata città, il mio adorato cantautore. Perché Genova è mia moglie è un libro bellissimo, e quello che ho dire l’ho scritto su Facebook e lo riporto qui. Regalatevelo. Ve lo meritate.
Parecchi anni fa amavo fotografare. E stampare in camera oscura. Covavo un progetto da anni: fotografare la mia città, Genova, dalle stazioni. Siccome vivevo in periferia, a ponente, dovevo prendere il treno per fare qualunque cosa. Andare all’Università. Al cinema. A fare shopping. E, sì, andare “a Genova”, come ci ostinavamo a dire, anche se tecnicamente eravamo a Genova e il centro distava una manciata di chilometri. Insomma chi abbia mai preso il treno da, diciamo, Voltri, fino a Nervi, sa di cosa parlo. Dal treno si vede tutto. Gli scempi di una costa dove ai tempi dei miei genitori si faceva il bagno, ricoperta da cemento, industrie pesanti, container, muri di fabbriche coperte dal nero dei fumi. Il mare ritirato laggiù, un puntino indistinto. I binari arrugginiti che s’incrociano, le case scrostate con i balconcini anneriti a due metri dalla ferrovia, quattro mutande e due calzini stesi a penzolare, un triciclo buttato in un angolo. Il brutto che come sempre chiama il brutto, l’incuria, il disinteresse. E poi un po’ di slargo a riempire il cuore, la luce del porto, le navi, un angolo di lanterna, la macchia biancazzurra del Porto Antico, le case sul lato opposto che finalmente prendono respiro, salgono sul monte, sembrano le quinte di un teatro. La città e poi ancora il mare, quello bello, quello vero, le case “di quelli ricchi” a ricordarmi che vivevo in una bellissima città in riva al mare, anche se per vederlo dovevo prendere il treno.
Questo volevo fare: una foto da ogni stazione, per spiegare come Genova, sdraiata da ovest a est, potesse essere così incredibilmente squallida e così assolutamente bella. Non l’ho mai fatto, ovviamente: poca costanza, poco talento, poco tempo, poca voglia. E oggi mi bevo, mi divoro, mi consumo questo magnifico libro di Patrizia Traverso che, per farmi un regalo ancora più grande, sposa la mia città al mio cantautore e me la restituisce esattamente come avevo immaginato di fare io. Ma con costanza, con talento, con tempo, con voglia.
Brava e grazie, da una fotografa mancata.
I libri per migliorare
Non cazzeggiate troppo, durante le vacanze, che vi arrugginite subito. Titoli da portare in valigia o sfogliare quando serve: Diciamolo in italiano, di Antonio Zoppetti, vecchissima conoscenza dei tempi di aNobii che sono molto felice di aver ritrovato in questo utilissimo libro. Italiani, popolo di inutilmente anglofili, fate così: l’inglese imparatelo bene sul serio e contestualmente evitate di infarcire la vostra lingua di orrendi verbi inglesi declinati all’italiana. Lo ripeto alla nausea in aula, lo ricorda Zoppetti con molti esempi e molte spiegazioni. Al primo “brieffare”, vi picchio forte sulla testa.
Infine, l’imprescindibile trilogia di Luisa Carrada per Zanichelli. Da leggere tutta di fila, dire: ah, ecco, allora si fa così, e poi tenere sulla scrivania per le emergenze quotidiane. Grazie.
16 libri da leggere, anche se le vacanze sono finite
Settembre 2017
C’era un tempo in cui, pur essendo una lettrice disordinata e compulsiva, facevo dei bei post periodici (una volta al mese) parlando dei libri che avevo sul comodino. Adesso che sono ancora più disordinata e compulsiva, mi rendo conto di aver saltato molti appuntamenti e di non avere neppure una bella foto che racchiuda tutti i libri letti; un po’ qui, un po’ là, un po’ in vacanza, un po’ nella casa al mare. Pazienza. Di questi libri voglio parlarvi lo stesso perché anche se le vacanze sono finite praticamente per tutti, non è che smettiamo di leggere, vero?
I libri per imparare e migliorare
Tre amici, tre libri da non perdere per chi scrive e legge sui social e per chi vive in questo tempo. Quindi, per tutti.
Scripta Volant Bella la struttura classica dell’abbecedario, ma reinventata con parole nuove, spiazzanti, dove non te le aspetti. Fluida e brillante la scrittura, aspetto non secondario visto che siamo sommersi da saggi e manuali magari utili, a riuscirli a leggere, ma appunto illeggibili. Per il contenuto, niente da dire: seguo Paolo da anni e sono felice di ritrovare qui, tutti insieme, i punti di vista, le idee, lo sguardo che conosco e apprezzo. Le mie lettere preferite: la G di giornalismo, per ovvi motivi di appartenenza, la T di tensione, che potrebbe anche essere la T del mio amato Twitter, la U di unicità, vero valore aggiunto per emergere nel mare della rete.
La disputa felice mi è stato particolarmente utile perché io non sono capace a litigare. Mai stata. Ricordo ancora quando leggevo con interesse gli articoli sui magazine femminili: “Imparate a litigare per un buon rapporto di coppia”. Io non litigo. Me ne vado. Perché non sopporto l’aggressività, la voce alta, gli insulti (come fai a stare così tanto tempo sui social, chiederete? Ho selezionato molto attentamente il mio network, risponderò.) E invece a litigare (discutere) bisogna e bisogna imparare a farlo nel migliore dei modi, come spiega Bruno Mastroianni. Utilissimo.
Gli ArtiGeni di Giampaolo Colletti, del quale apprezzo davvero molte cose e invidio l’incredibile eclettismo, è un compendio molto interessante dell’artigianato digitale oggi in Italia. Perché tante volte quando si parla di ‘recupero dell’artigianato’ non si sa cosa si sta dicendo. L’artigianato e gli artigiani, almeno alcuni di loro, si stanno recuperando brillantemente da soli, grazie alla tecnologia.
I miei libri dell’estate
L’Ulysses, perché l’ho letto, amandolo oltre misura, tantissimi anni fa e perché questa copia l’ho comprata in un posto magico di Dublino e me l’ha venduta una persona ancora più magica (facciamo un po’ di clickbaiting: “Se vuoi scoprire dove e chi, clicca qui!“).
Bobby Sands più o meno per gli stessi motivi: questa è la mia vecchissima copia che ho ripreso in mano dopo almeno un ventennio perché per la prima volta ho deciso di passare il confine e di andare nell’Irlanda del nord; alla mia settima visita nell’amatissima Irlanda, ho finalmente visto Belfast e quale migliore occasione che ripassare la tragica storia dei “Troubles”?
Il racconto dell’ancella perché è uscito nel 1985 e io dov’ero? Dormivo? Possibile che l’ho scoperto solo ora che se ne parla per via di una serie tv (che voglio assolutamente vedere)? Comunque. Bellissimo, profetico, disturbante racconto distopico di un mondo che purtroppo non sembra così improbabile, in cui le donne in età riproduttiva vivono come schiave sessuali (neanche; come uteri a disposizione). Un po’ lento, difetto-non difetto che all’inizio è necessario per creare un mondo e permettere al lettore di calarcisi completamente, ma a lungo andare può infastidire. In ogni caso: da leggere se come me l’avevate colpevolmente perso.
Le solite sospette: tanto ho amato gli altri di Niven (A volte ritorno su tutti) tanto questo non ha mantenuto le aspettative. Sì, la sua scrittura è sempre divertente, sì, l’idea c’era anche, però è tutto così scontato, telefonato, banale, atteso, che ti strappa a dire tanto qualche sorrisetto di incoraggiamento. Peccato.
Nel guscio: asticella così alta da non vederla più. Ennesima dimostrazione del fatto che le storie che funzionano, funzionano da sempre e per sempre. E che se hai un talento smisurato, puoi rifare l’Amleto raccontato da un bambino ancora dentro la pancia della madre (e che madre!) e farne un capolavoro. Stupefacente.
Anything is possibile perché quando esce un nuovo libro della Strout non si può mica aspettare che arrivi in Italia, ma per favore. Prendete Lucy Barton, modificate la prospettiva, allargate il campo. Parla dell’assoluto attraverso piccoli personaggi che animano un microcosmo, dove la famiglia di origine è il microcosmo di partenza. E ti straccia l’anima, come sempre.
Swing Time: C’è Madonna. C’è la vita che cresce e le scelte, ma soprattutto le non scelta, che ti segnano per sempre. Ci sono personaggi verissimi e cambi di scena e ambientazione perfetti. C’è persino qualcosa che ricorda lontanamente l’Amica geniale nel racconto meraviglioso di un’amicizia lunga un bel pezzo di vita. C’è la sublime scrittura di Zadie Smith, sempre sia benedetta, la sua Londra, la sua cura minuziosa nel rendere un panorama, una sensazione, un taglio di luce, un sussulto di adolescenza. Non l’ho posato finché non l’ho finito e quando l’ho finito, in preda all’astinenza, ho riletto tutto NW.
Mancano nella foto per i motivi di disordine e viaggi spiegati sopra: A Londra con mia figlia, dell’amico Pallavicini, delizioso se: amate Londra, anche quella Londra là, di quando eravamo giovani e si mangiava malissimo (facile), avete una figlia adolescente (ma difficile trovarne un’altra brillante come la protagonista), vi divertono gli scontri generazionali e amate come scrive Piersandro (la cosa più facile). E anche Propizio è avere ove recarsi, bellissimo titolo preso a prestito dall’I-Ching per una raccolta di pezzi di Carrère che sto leggendo fra un libro e l’altro. Di Carrère leggo tutto, sempre, senza questioni anche se spesso mi fa male. Questo è molto interessante perché spesso fornisce la chiave per comprendere altri romanzi, altri reportage, altri personaggi, altre opere già lette ma che leggendo questo nuovo libro acquistano un altro spessore.
I libri che devo ancora leggere
Perché ho letto gli altri troppo velocemente (che belle le vacanze!) e ho dovuto fare un secondo rifornimento. Quindi prendeteli così, poi vi farò sapere.
Gli anni perché me lo hanno consigliato su Facebook molte lettrici (e persone) che stimo.
Il buddha delle periferie perché, ma come, non lo avevi ancora letto, ma come è possibile. E no, non l’avevo letto. Riparo adesso.
La mia adorata Chimamanda Negozi Adichie perché dopo i bellissimi Americanah e l’Ibisco viola (che ho riletto qualche settimana fa mentre ero in astinenza da nuovi titoli) mi mancava proprio il suo Metà di un sole giallo, sul quale ho grandi aspettative.
Infine Perché scrivere sempre della Smith perché nella mia libreria c’è un reparto dedicato solo a testi di scrittori che danno consigli su come scrivere. Un giorno farò un post solo su questo, perché se si hanno delle ambizioni, meglio trovarsi i maestri giusti. E insomma, leggendo come scrive Zadie, tenderei a fidarmi dei suoi consigli, ecco.
Buon rientro, buone letture.