Il 2019 è stato già l’anno del podcast, anche in Italia. Dagli 850mila ascoltatori del 2015 siamo arrivati a più di 12 milioni nel 2019, con una crescita del 16% sul 2018 e una fascia di età molto appetibile: il 68% degli ascoltatori, infatti, è tra i 25 e i 34 anni. Non solo: aumentano gli ascoltatori abituali, che ascoltano podcast almeno una volta alla settimana, e la durata di ogni sessione: circa 23 minuti. E il potenziale di crescita è enorme visto che, secondo dati Nielsen, il 50% degli italiani ancora non sa cosa siano i podcast. Per completare il quadro, basta uno sguardo agli USA dove, entro il 2021, l’attuale giro d’affari legato ai podcast raddoppierà portando il fatturato del settore, oggi stimato a 479,1 milioni di dollari, a 1 miliardo di dollari (dati dell’Interactive Advertising Bureau).
E che c’entra il vino? C’entra molto.
Secondo la ricerca Il Gusto digitale del vino italiano, pubblicata a luglio 2019 da Omnicom PR Group Italia, che certifica il livello della comunicazione digitale delle prime 25 aziende vinicole italiane per fatturato, il podcast nel mondo del vino italiano è sfruttato ancora pochissimo. Il 2020 potrebbe essere l’occasione per farlo, dato che oggi tutto è on demand, dalla musica alle serie televisive, ed è forte la tendenza a imparare e migliorarsi in ogni momento “passivo” della giornata (nelle lunghe ore alla guida, ad esempio, oppure durante la corsa del mattino o una passeggiata…). Una serie di audio per imparare qualcosa sul vino sarebbe quindi utile a molti, oltre a diventare un importante strumento di marketing e comunicazione per le aziende. C’è quindi un piccolo vuoto da colmare, e potrebbe essere interessante trovarsi fra i primi a farlo.
Non solo: in una recente indagine Nielsen si scopre anche che gli heavy user, dopo i programmi musicali, amano ascoltare news e contenuti di approfondimento. Che il 29% degli utenti fra i 18 e 24 anni ascolta podcast per “imparare un argomento specifico” e il 36% degli heavy user “per scoprire nuovi contenuti”. La divulgazione del vino sembrerebbe quindi un argomento perfetto in un paese dove se ne consuma ancora molto, ma la conoscenza dell’argomento è a livelli molto bassi, anche per una tendenza a rendere tutto ciò che ruota intorno alla bottiglia come un sacro mistero comprensibile solo agli adepti. Lo strumento del podcast – flessibile, modulabile per lunghezza e per numero di puntate, adatto a un approccio informale – potrebbe essere una soluzione perfetta da parte di produttori e professionisti per comunicare meglio il prodotto a tutti i livelli e aumentare la comprensione dell’universo del vino.
E poi volete mettere la soddisfazione della rivincita della parola contro l’immagine? La semplicità d’uso di uno strumento che prevede il solo uso della voce, rispetto alla difficoltà di realizzare un video che non sembri quello della parrocchia? Niente luci, inquadrature, trucco e parrucco, il podcast è decisamente più semplice più da realizzare del video, e meno costoso sia per quanto riguarda l’ideazione che la realizzazione.
A patto però di avere qualcosa di interessante da dire e dirlo bene; me lo ha ricordato Jacopo Cossater, che ho intervistato per il mio libro Social Media Wine, e che sul vino, in Italia, è stato uno dei pionieri con il suo Vino sul Divano. Si tratta di una serie di conversazioni con produttori e professionisti del settore che, però, non parlano strettamente dei loro prodotti, cosa che risulterebbe stucchevole e anche troppo “pubblicitaria”, ma in generale di vino, di territorio e delle loro esperienze di vita e lavoro. Dati i buoni risultati, alla prima edizione è seguita una seconda e la terza andrà online nella primavera del 2020. Ecco i suoi consigli in sintesi, estrapolati dall’intervista che gli ho fatto per il libro:
- Partite con in testa un’idea chiara di quello che volete dire, possibilmente già sviluppata in più puntate. Dovete creare una vera e propria sceneggiatura per ogni audio; l’improvvisazione non paga.
- La qualità dell’audio è fondamentale: il microfono del vostro smartphone non basta, acquistatene uno esterno. Nei primi 5-10 secondi di audio, l’ascoltatore si fa un’idea del livello del podcast, e se ci sono fruscii o difficoltà nell’ascolto, vi abbandona subito.
- L’ambiente dei podcast inizia a essere competitivo: il montaggio e la post-produzione sono sempre più importanti. Io faccio ancora il montaggio da solo utilizzando Audacity, ma per quanto riguarda la post-produzione e la qualità del suono, in questa seconda serie mi sono affidato a un professionista e la differenza con le prime 8 puntate si sente eccome.
- Per quanto riguarda la pubblicazione, io pubblico e archivio i miei audio su Spreakers.com, una piattaforma a pagamento che ha anche il vantaggio di segnalare ogni nuova puntata alle varie piattaforme di distribuzione dei podcast .
Consigli ribaditi da Marco Ferrario, con cui ho avuto il piacere di lavorare un bel po’ di anni e di lavori fa e con cui ho fatto recentemente una bella chiacchierata nelle sue nuove vesti di Country Manager Storytel per l’Italia.
Si tratta di un prodotto di intrattenimento: deve avere alle spalle un’idea, un concept chiaro una realizzazione impeccabile. Senza la seduzione dell’immagine, contenuti e voce diventano fondamentali. Non si crea un podcast tanto per parlare di qualcosa, ci vuole un taglio editoriale chiaro.
Quindi forse più semplice la realizzazione tecnica, rispetto a un video, ma ancora più complessa la creazione di un contenuto che informi e intrattenga senza annoiare. Una bella sfida da intraprendere pe ril 2020, non trovate? E se cercate podcast stranieri da ascoltare o ai quali ispirarvi – e nel frattempo migliorare l’inglese – provate Wine for Normal People, che come suggerisce il titolo ha l’obbiettivo di parlare ai non addetti ai lavori in modo diretto e piacevole, oppure la bella panoramica sul vino italiano di Italian Wine Podcast. E ancora, Natural Disasters, sui vini naturali: divertente, ricco di informazioni e a tratti dissacrante e infine Guild of Sommeliers, davvero imprescindibile. E magari nel 2020, se riesco a passare l’esame per il WSET Level3 e a respirare un po’, arriverà anche il mio podcast, chissà?
Nel frattempo, se volete saperne di più sulla comunicazione digitale del vino e tutti i suoi strumenti, il 26 febbraio c’è il mio corso a Milano. Info e prenotazioni qui – c’è ancora qualche posto con prezzo early bird!
(L’immagine in apertura è di it.wearunique.com e sì, esiste un tappo fatto a microfono, firmato da Rock Design.)