“Nulla sarà come prima”: non vale per il vino, almeno così pare. Secondo l’indagine Gli effetti del lockdown sui consumi di vino in Italia, realizzata su 1.000 consumatori di vino italiani da Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor e presentata oggi in un panel con il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani e il responsabile di Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini e moderato dal Ceo di Bertani Domains, Ettore Nicoletto, i consumatori di vino (l’85% della popolazione) non vedono l’ora di riprendere le loro abitudini precedenti all’emergenza Covid.
Il dopo sarà come prima per l’80% dei consumatori. O più di prima, con i millennials che parlano di un significativo aumento del consumo in particolare di vini mixati (il 25% prevede di aumentarne la domanda). Chiaramente, c’è voglia di normalità e di consumo fuori casa, del riappropriarsi di locali, wine bar e del rito dell’aperitivo. Secondo il responsabile di Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini “Il desiderio di ritornare ‘ai bei tempi che furono’ sembra prevalere sull’attuale momento di crisi e su comportamenti futuri che giocoforza saranno improntati ad una maggior precauzione e distanza sociale. Si tratta di un asset molto importante in termini di fiducia sulla ripresa.”
Non vediamo l’ora, in generale, di tornare a una normalità che chissà come e quando avverrà: il New York Times ha ipotizzato un periodo di circa due anni in cui potranno alternarsi aperture e chiusure, a seconda del ritmo dei contagi e della conseguente pressione sulle strutture sanitarie. L’articolo è riassunto molto bene qui. Ma nel frattempo, durante il lockdown, la dinamica dei consumi di vino è cambiata. La crescita degli acquisti in Gdo non compensa infatti l’azzeramento dei consumi fuori casa. Il 55% dei consumatori non ha modificato le proprie abitudini, ma tre su dieci affermano invece di aver bevuto meno vino (e meno birra) in quarantena, mentre circa il 14% dichiara di aver bevuto di più, magari seguendo una delle tante degustazioni online e postando con l’hashtag #iobevoacasa.
Perché beviamo meno durante il lockdown? Fondamentalmente, per la mancanza di socializzazione, l’impossibilità di bere in compagnia, al ristorante, nei locali: motivazione valida soprattutto per i Millenials, insieme alla cancellazione del rito dell’aperitivo. Per le fasce di età più alte, il motivo è un ridotto consumo di alcolici in generale e non dimentichiamo anche quel 17% che preferisce risparmiare, dato il pesante impatto della quarantena sui redditi di molti.
Tra i motivi, invece, dell’aumento di consumo di vino in quarantena ci sono il maggior tempo libero e i ritmi necessariamente più rilassati (23%, in particolare donne del Sud), la cucina che è diventata giocoforza una delle attività principali, specie tra gli smart worker del Nord e in piccola parte gli aperitivi che sono diventati virtuali.
Durante la presentazione della ricerca il dg di Veronafiere, Giovanni Mantovani ha parlato anche dei lavori in corso per il Vinitaly e le manifestazioni correlate. Se la fiera tradizionale è stata infatti rimandata al 2021, ci sono molte novità in arrivo: “La versione digitale del Vinitaly, ossia la Directory, sta diventando sempre di più lo strumento online per connettere aziende, esportatori e produttori. Confermiamo a novembre un’edizione ancora più ricca di Wine2Wine Forum and Business e stiamo pensando alla possibilità di avere allo stesso momento l’edizione 2020 di OperaWine, che sarebbe una cosa fantastica per l’immagine del vino italiano e come segnale di ripartenza.”
Altri dati interessanti emersi dalla ricerca: la quarantena sembra aver appiattito anche la voglia di sperimentare novità, di bere vini diversi, in calo sul pre-lockdown (dal 73% al 59%); in calo la preferenza verso i piccoli produttori (dal 65% al 58%), verso i vini sostenibili (dal 65% al 61%) e gli autoctoni (dall’81% al 76%). Dennis Pantini ha aggiunto che si vede contestualmente anche un ritorno alle “marche”, forse per una voglia di maggior sicurezza negli acquisti, così complicati dalla quarantena: forse si teme di più di sbagliare e si preferisce restare sul sicuro. Aumenta invece l’utilizzo del canale di acquisto online, dal 20% al 25%.
A proposito di online, conviene ricordare anche i dati pubblicati da Tannico.it alla fine di marzo (ma ce ne saranno presto di più attuali, alla fine del periodo di lockdown). I numeri dell’ecommerce hanno visto, solo nelle ultime tre settimane di marzo, un aumento 100% dei volumi, del 10% della frequenza d’acquisto e del 5% delle quantità di bottiglie per ordine effettuato. Cambiano anche le tipologie di bottiglie acquistate che, in generale, registrano una diminuzione del 10% del prezzo medio per bottiglia, facendo calare il consumo di spumanti e Champagne (-30%) e delle denominazioni Super Premium (Barolo -70%, Brunello -70%, Champagne -50%, Bolgheri -25%). Crescono invece gli acquisti delle denominazioni con prezzi più moderati (Sicilia bianco +100%, Venezia Giulia bianco +100%, Sicilia rosso +50%, Chianti classico +30%, Barbera 15%) e in generale i vini bianchi (+20% nelle regioni più colpite dal virus, + 25% nelle altre).
Marco Magnocavallo, amministratore delegato di Tannico, ha commentato: “È in atto un grande cambiamento nella matrice di consumo e acquisto dei consumatori che stanno prediligendo bottiglie con un prezzo medio più contenuto e in parallelo stanno aumentando la frequenza di acquisto. Interessante anche notare come l’acquisto di distillati veda un +20%, segnale che conferma come gli italiani stiano passando anche al consumo di cocktail in casa”. L’aumento degli acquisti online non coinvolge però uniformemente tutte le regioni d’Italia: come si vede nella cartina sotto, Tannico registra un’esplosione delle vendite soprattutto nelle aree maggiormente colpite dal virus (Lombardia +100%, Piemonte +90%, Emilia +85%, Veneto +82%) contro un aumento di volumi più contenuto nelle le regioni meno coinvolte (Sicilia +40%, Puglia +30%, Calabria +20%, Sardegna +10%).