Come dicevo nel mio racconto dell’esame, per ripassare e verificare la mia preparazione mi sono state molto utili alcune raccolte di domande fatte nelle sessioni precedenti. Per cui, pensando ai ‘colleghi’ che studieranno dopo di me, faccio la stessa cosa con il mio piccolo elenco.
Nuovo anno, nuovo logo, nuovi corsi
Prima di Natale ero a prendere un caffè con Mafe, uno di quei caffè che riusciamo a fare ogni tot e poi ci sono sempre troppe cose da dire e raccontare, eh ma dobbiamo farlo più spesso, segue febbrile consulto delle agende da cui si evince che la prima data in cui ci troviamo nello stesso posto è due mesi dopo, probabilmente a Trieste. Comunque, mentre descrivevamo le nostre vite e il nostro lavoro, iniziamo a immaginare la classica foca da circo, che per fortuna nei circhi non si vede più (e poi ha chiuso pure il Barnum, fine di un’era), ma che rappresenta così bene la vita del freelance. In equilibrio su un filo, a far roteare la palla sul naso, tenendo insieme i pezzi di clienti, lavori, cose da fare, progetti, famiglia, risotti da cucinare, bottiglie di vino da aprire, magari un po’ di vita, per sbaglio (e la palestra? Il mese prossimo, forse).
E insomma, siccome io ho amiche belle, Mafe e Giulia nello specifico, a Natale questa meravigliosa foca arriva davvero, sotto forma di disegno originale della splendida Tostoini e declinata poi come logo che vedrete presto su questo sito. Con questo biglietto, che è anche il mio augurio per il 2017.
Restare in equilibrio – ognuno il suo, di equilibrio – che obiettivo meraviglioso da raggiungere.
E quindi, come la mia foca sul filo, riparto tenendo in equilibrio la mia palla. Il prossimo appuntamento è a Bologna, il 7 febbraio, per la nuova edizione del mio corso Social media Marketing con Digital Update.
Se avete letto il mio libro e volete saperne di più, se non lo avete letto e volete saperne di più comunque, se avete degli account social e non sapete bene che farvene, se vi hanno chiesto di gestirli per lavoro e avete più di un dubbio: in una giornata, capiremo insieme quali piattaforme vi servono davvero, come usarle, come creare un piano editoriale che abbia senso e vi faccia raggiungere gli obiettivi desiderati. Perché ormai non penso di dovervi più convincere che i social network servono: il problema non è più usarli, ma usarli bene, in modo strategico. E perdendo meno tempo possibile.
Bonus: se vi iscrivete e mandate i vostri account qualche giorno prima, li guarderemo assieme in aula per identificare punti forti e deboli.
Extra bonus: se vi sbrigate a iscrivervi, c’è ancora un posto a prezzo scontato.
Vi aspetto!
I libri da regalare a Natale, seconda parte
I 3 libri per pensare
D’accordo, quasi tutti i libri aiutano a pensare. Questi, però, un po’ di più.
I 3 libri per chi ama il cibo
Lo so: il cibo è ormai un’ossessione, ma continua a piacermi tanto. E non sono la sola.
Un’enciclopedia, bella e molto completa, che analizza le proprietà di ogni alimento e le migliori combinazioni dei gusti. Con molti livelli di lettura: adatta sia a chi non ha la minima idea dell’abbinamento dei sapori che a chi è già bravino, ma vuole migliorare. E poi quel titolo così bello: La grammatica dei sapori. Non c’è altro da aggiungere.
Tra le decine di libri che suggeriscono come mangiare, scelgo questo di Valter Longo perché strilla le parole magiche: longevità e digiuno (ma il digiuno lo “mima” solo, eh: tranquilli!). Confesso: cucino e scelgo materie prime fresche e di stagione, ma amo troppo il cibo e il vino per seguire un regime alimentare davvero sano. Questo però sembra fattibile: magari, a gennaio…
Altro che quel super celebrato ma sopravvalutato L’eleganza del riccio; è questo il vero capolavoro della Barbery, che recupero qui perché, se non l’avete ancora letto o fatto leggere, dovete. Uno chef in punto di morte cerca il sapore assoluto, tra ricordi e sinestesie olfattive e gustative. Piccolo e perfetto.
I 3 libri per chi lavora nell’internet
No, il mio non ve lo suggerisco, però datemi retta – consigli per gli acquisti – è un bellissimo regalo per chi scrive online, per chi vorrebbe farlo, per chi vorrebbe capire qualcosa di più dei social, per chi ne sa già ma vorrebbe diventare più bravo e consapevole – fine.
Vera Gheno è bravissima, fa un lavoro bellissimo che le invidio molto (all’Accademia della Crusca, dove fra l’altro cura i social media) e ha scritto un libro non solo utile, ma anche bello da leggere e pieno di buon senso. Serve a tutti, nessuno si senta escluso.
Da una (brava) ricercatrice, un libro chiaro e completo per capire cos’è, come si forma e come controllare La reputazione. Non solo online, attenzione; perché non è che la reputazione l’abbia inventata la rete, eh. Ma oggi è ancora più vero che “Non esistiamo al di fuori di ciò che si dice di noi”.
Walter Quattrociocchi è stato probabilmente l’uomo più intervistato d’Italia dopo l’elezione di Trump e il No al referendum; a ragione, perché sono anni che si occupa di confirmation bias e notizie false. Se aggiungete che la parola dell’anno, per l’Oxford English Dictionary, è “post-truth“, direi che dovreste proprio leggerlo o regalarlo.
I 5 libri per i ragazzi
Fascia di età: 8-12, che è quella prediletta dalla mia fanciulla, vorace lettrice. Perché qui 5 libri e non 3? Perché è una vorace lettrice, l’ho detto? Abbiamo libri anche nei cassetti dei calzini, grazie.
Bonus: i 3 libri per chi ama il mare
Dice perché, ma cosa c’entra adesso il mare. C’entra sempre, è passato il solstizio d’inverno, quindi nella mia testa è virtualmente estate (o almeno primavera) e poi il mare mi manca sempre tanto.
Mutis è uno di quegli autori per cui vi direi: leggete quello che volete, va sempre bene. Se però non lo conoscete per nulla (vi invidio), partite da questo immenso Trittico. E magari ascoltate Smisurata preghiera di De André, ispirata proprio alle avventure del Gabbiere di Mutis.
Come per Mutis: non conoscete Francesco Biamonti? Leggetelo tutto. Suggerisco Vento largo in particolare perché l’ho amato forse un po’ di più. Parla, con il suo stile inconfondibile, anche di valichi, di confini, di clandestini. Lirico e impalpabile, ma attuale in un modo che quasi spaventa.
Il mare ce l’ha nel titolo, nel cuore, nello sguardo, che è lo stesso di Paolo Conte quando pensava a Genova, ma con una sensibilità diversa, impregnata di attualità. Per ricordare Gianmaria Testa, uno dei tanti grandi che ci hanno lasciato quest’anno.
Buoni propositi sui social media: non solo immagini, torniamo alle parole
Una riflessione a margine del “caso” Vanity Fair esploso ieri sui social. Per chi non l’avesse seguito: Vanity pubblica sulla sua pagina Facebook il post che vedete sopra. A seguire, diluvio di commenti negativi, insulti, richieste di licenziamento, l’immancabile post di Selvaggia Lucarelli che stigmatizza l’accaduto e getta ulteriore benzina sul fuoco.
Poi, le scuse del direttore Luca Dini su Twitter, la scelta di non cancellare il post incriminato, molto corretta, a mio giudizio: cancellare un post che ha avuto quella risonanza – e lo dico in senso negativo, per fugare dubbi; non collaboro più con Vanity da qualche anno, ma dubito si rallegrino di questo tipo di attenzione – sarebbe stato peggio. I social media significano anche fare il nostro lavoro di giornalisti in un ufficio di cristallo: il meccanismo è nudo, gli screenshot alla portata di tutti, la rimozione di un post inutile.
Infine, una dettagliata spiegazione su Facebook, sempre del direttore, seguita da quella dell’autore materiale del post, il photoeditor Andrea Annaratone.
Non dico altro sul caso in sé: ognuno ha già detto e sta dicendo la sua. D’altronde oltre a essere un popolo di santi, poeti e navigatori sempre, occasionalmente presidenti del consiglio, allenatori della Nazionale e altre professioni alla bisogna, ci siamo anche scoperti un popolo di social media manager.
Vorrei solo fare una riflessione sull’importanza della parola scritta. Del testo. Che forse andrebbe recuperato.
Da quando esiste il web, non facciamo altro che sentirci dire di quanto sia importante l’immagine. Chiunque abbia lavorato in redazione online, piccola o grande, ma invariabilmente con il fiato sul collo delle metriche, sa cosa deve fare per gonfiare i dati e ottenere una pacca sulla spalla il giorno dopo. Photogallery. Video. Immagini potenti, dibattute. All’occorrenza, e le occasioni non sono mancate nel 2016, sangue. Vittime. Corpi.
Lo stesso Twitter, nato come piattaforma di microblogging, splendida palestra per imparare a scrivere testi efficaci e sintetici, ricorda: i tweet con foto e video generano 3-4 volte l’engagement di quelli testuali.
E quindi penso: non è che inseguendo i clic ci siamo dimenticati, stiamo trascurando, l’importanza del testo? Della parola scritta? Da scegliere, centellinare, usare correttamente, come già auspicavo qui? Perché, e qui torno al caso Vanity, è vero che la scelta delle due foto contrapposte è infelice, ma forse sarebbe stata tollerabile con un testo diverso. Che, ad esempio, avesse messo in contrapposizione la calma immutabile di un paesaggio alla tragedia umana. Tollerabile, dico; forse salvabile. Non certo la scelta perfetta, ma almeno mitigata. Per questo mi chiedo, chi ha scritto il testo? Il photoeditor, che si scusa, ma che al limite può essere (dovrebbe essere) responsabile solo della scelta delle immagini?
Siamo ancora al punto in cui i social media sono affidati a chi capita? A chi passa di lì? A chi ha altre specializzazioni, ma già che c’è può fare anche quello?
So tutto, ho visto tutto: la fretta, le risorse che mancano, la richiesta di sommare più competenze in un’unica persona, l’esigenza di fare il lavoro sempre più rapidamente, sempre più da soli, senza un altro paio d’occhi che controlla. Ma credo che in questo caso ci sia anche l’importanza sempre decrescente che stiamo dando alla parola scritta, a favore delle immagini. Ignorando, peraltro, segni che vanno in senso opposto. La rinascita del long form journalism. Il successo di piattaforme come Medium, dove è il testo a essere importante e le immagini, anche se grandi, belle e ricche sono un lussuoso contorno. La marcia indietro che stiamo innestando per tornare a un giornalismo e a un’informazione slow (anche in Italia). Il fatto che i lettori amino i video online, senz’altro, ma quando vogliono informarsi continuano a scegliere il testo.
I video che aggiungono immediatezza e impatto emotivo sono apprezzati e attesi dai consumatori di news sul web ma solo fino a un certo punto e in determinate circostanze. Sia gli adulti che i più giovani continuano ad apprezzare il controllo e la flessibilità del testo scritto.
Così si legge in The future of online news video, report del Reuters Institute for Journalism che ho usato tr ale fonti del mio libro. E in Italia, l’80% di chi si informa online preferisce ancora il testo.
Forse dopo l’ubriacatura di immagini, è il caso di tornare al testo. Di pensarlo, curarlo, sceglierlo. Fare editing, rileggere, modificare. Di non considerarlo più un accessorio dell’immagine. D’altronde, chi ha scelto come mestiere quello di narratore di storie e di interprete della realtà per conto terzi, lo ha fatto in gran parte perché si è innamorato della parola scritta.
Tra le tendenze che vedo per il 2017, tutte dello stesso segno ossia quello di un ritorno intelligente – alla condivisione più limitata e ragionata, alla discrezione, agli strumenti one-to-one, al silenzio, alla lentezza – mi piacerebbe vedere anche quella del ritorno alla parola.
I libri da regalare a Natale, prima parte
Il mio blog è fermo da mesi e con lui i miei Post del comodino dove segnalavo i libri più interessanti del mese o, siccome ero sempre in ritardo, più spesso del trimestre. Dateci comunque un’occhiata, se siete in cerca di ispirazione: molti suggerimenti sono ancora valido, soprattutto quelli per i bambini.
Però, ora che con questo sito ho una casa nuova dove pubblicare tutto quello che scrivo e ora che ho visto il bel lavoro che sta facendo Mafe con le sue segnalazioni, mi è tornata voglia di fare un po’ di ordine tra le pile di libri che mi circondano e di suggerire qualche titolo, tre per categoria. Nel frattempo, come da foto, i libri hanno raggiunto la scrivania, perché sul comodino non ci stavano più. Comunque, ecco i miei primi consigli, come regalo di Natale o come volete voi.
I 3 libri per i gattari
Decine di titoli: ormai se non metti un gatto nel tuo libro, non sei nessuno. Ovviamente, sono d’accordo.
I 3 libri per l’anima
Curano lo spirito, allontanano i pensieri o almeno ci provano, liberano le emozioni.
le nuvole furono scrittura/la nostra voce un nodo sciolto/noi da una parte, da un’altra parte il cielo.
Chi mi segue lo sa: Pierluigi Cappello per me è il poeta contemporaneo, punto. Ora ci regala una raccolta altissima, cesellata di liriche degli ultimi sei anni. Se storcete il naso per la prefazione di Jovanotti: pare gliel’abbia chiesta proprio Cappello.
Della Strout ho amato tutto incondizionatamente: pure la serie tv tratta dal capolavoro Olive Kitteridge. Mi chiamo Lucy Barton però è qualcosa di diverso ancora: la sua scrittura, già rigorosa, pulita, asciutta, si fa ancora più precisa, ancora più nitida e taglia come una lama. Sorprendente e intenso; se potete, però, leggetelo in originale.
Riparare i viventi è stato probabilmente il libro che ho amato di più lo scorso anno. Almeno uno dei. Come faccio spesso, sono andata a ritroso nella produzione di Maylis de Kerangal e ho divorato Nascita di un ponte. Scritto nel suo stile inconfondibile, denso, ricco ed immaginifico, ma di precisione chirurgica, non mi ha deluso, anzi. Mi ha regalato una metafora potente e almeno due storie indimenticabili. Ora sul comodino c’è il suo Lampedusa.
I 3 libri per chi ride con il cervello
Perché spesso quando si parla di libri che “fanno ridere” si pensa a cosucce imbarazzanti. Ecco, qui no.
Amo Piersandro, si sa. Qui: personaggi che non si dimenticano, la chimica e la ricerca scientifica in Italia raccontate for dummies ma sempre con cuore e testa. Una bella storia dove gli excursus comici non spezzano, ma aprono ulteriore respiro. Molto consigliato se amate le letture leggere, dove leggero non è sinonimo di sciatto o banale (la memoria va alla leggerezza calvininana), vi piace il bell’italiano ben scritto e i personaggi ben tratteggiati. E fa ridere, sì.
Niven, sempre e comunque, a scatola chiusa. Pochi mi fanno ridere come lui. Confesso, ancora non l’ho letto, ma la storia de Le solite sospette, queste vecchiette terribili che vogliono fare una rapina per scongiurare l’ospizio e fuggire in Costa Azzurra promette benissimo.
Fa molto ridere, è molto ben scritto, è molto veritiero. Se avete un’amica in zona menopausa dotata di sense of humour (lo spero per voi), è il regalo perfetto.
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