Si chiama Progetto Future ed è un bellissimo esempio di quello che noi donne dovremmo fare di più. Anche e soprattutto in un mondo storicamente maschilista – ma che sta cambiando rapidamente – come quello del vino.
Ossia, dedicare tempo e risorse per formare le nuove generazioni, regalando expertise, consigli e tutoring. Lo sta facendo l’Associazione delle Donne del Vino, offrendo varie opportunità in aziende vinicole in Italia e all’estero. Come ha raccontato questa mattina la Presidente dell’associazione, Donatella Cinelli Colombini, alle 800 socie in tutta Italia è stato chiesto di offrire un momento di formazione da dedicare alle più giovani, all’interno delle loro aziende. Dai corsi sul digital marketing a una Masterclass di turismo del vino alle lezioni sull’appassimento dell’Amarone, a oggi sul sito ci sono già circa 30 proposte offerte alle Under30 che vogliono lavorare nel mondo di grappoli e bottiglie, spaziando dalla comunicazione agli insegnamenti più tecnici tra vigna e cantina.
L’offerta continua a crescere e si allarga quest’anno in campo internazionale: in arrivo proposte per la Nuova Zelanda e la Cina, mentre una delle occasioni più golose per la quale già si accettano candidature è con Erika Ribaldi, da vent’anni una delle massime esperte di marketing e mercati orientali, che offre un anno di tutoring a tre giovani donne che vogliano imparare il commercio del vino in Asia.
Proprio qualche giorno fa, con l’amica produttrice Ilaria Nidini, commentavamo un panel di degustazione formato da soli uomini (e pure un po’ agé). Sì perché l’afflizione del parterre #tuttimaschi, spesso stigmatizzata sui social, c’è anche per gli eventi legati al vino. A proposito, se non lo sapete, i panel men only si chiamano manel; leggete in proposito questo pezzo. Fare rete fra donne, aiutando e stimolando le più giovani che stanno entrando nel settore, non può che aiutare.
Anche perché, se in molti casi è vero quello che ha detto Cinelli Colombini: “Storicamente le donne sono arrivate a lavorare nel mondo del vino tramite le famiglie; figlie o compagne di produttori”, è altrettanto vero che oggi non è più così e molte cantine sono nate e guidate al femminile in prima battuta. Così come l’interesse per il vino sta rapidamente colmando il gap fra i generi: a oggi, il 30% degli iscritti a un corso AIS è donna, mentre le diplomate WSET, che erano solo il 10,6% del totale nel 1970, sono state il 42,8% nel 2018.
Non solo: uno dei primi motori per arrivare finalmente a colmare il gender gap nel lavoro in Italia potrebbe essere proprio il settore agricolo. Secondo recenti dati Censis, le donne italiane a capo di aziende agricole coltivano il 21% del SAU, ossia la superficie agricola utilizzabile, ma producono il 28% del PIL agricolo. E dal 2003 al 2017 le donne manager rurali sono cresciute del 2,3%: è stato l’unico comparto economico tradizionale con questa variazione positiva.
A voi giovani donne fortunate che siete sotto i 30 anni dico quindi di correre sul sito dell’associazione a guardare le opportunità di formazione gratuita. Io intanto penso a un corso da offrire, sulla comunicazione digitale.
Intanto, mi sono portata avanti con il lavoro: il 29 ottobre sarò a Torino con Ais Piemonte a moderare l’anteprima di “Vino, sostantivo femminile” per parlare con tante ospiti proprio delle professioni del mondo del vino declinate al femminile. Se volete, ci vediamo lì.
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