Un po’ di tempo fa, a seguito di fatti di cronaca tragici, avevo raccontato perché avrei preferito avere un figlio maschio. Grazie anche alla condivisione di Michela Murgia e alla richiesta di traduzione per un sito straniero, quel pezzo ebbe una certa risonanza. E centinaia di commenti. come sempre fra il solidale, il contrario e il nonhocapitonientemaparlolostesso.
La mia posizione nei confronti delle battaglie femministe è sempre stata chiara: penso da un po’ che stiamo tornando indietro. Che noi, e ancora di più le ragazze più giovani di noi, tolleriamo cose che mia mamma, negli anni 70, avrebbe rigettato sdegnata. Trasmissioni televisive, battute, attacchi gratuiti. Ma anche e soprattutto un maschilismo strisciante, talmente integrato nella società da non vedersi nemmeno più. Sapeste quante volte ho fatto notare a un uomo una battuta sessista (soprattutto sul lavoro: quanto, oh quanto infastidisce ancora, oggi, avere un capo donna). Un uomo evoluto, per così dire: cultura medio alta, buon lavoro, vita a Milano, bella famiglia; la punta dell’iceberg. E ho avuto in risposta lo stupore. La reazione offesa. Io maschilista? Ma tu scherzi, le donne sono molto più brave di noi, io adoro le donne. Che è un po’ come dire “Ho tanti amici gay”. Poche cose infastidiscono come il paternalismo gratuito, quel pat pat sulla testa che significa sì, sei brava, ora vai a giocare da un’altra parte, che qui si fa sul serio. Ed è stato inutile spiegare, perché non si rendeva nemmeno conto del suo maschilismo insito: per il verme nello zenzero, il mondo è zenzero. O se preferite: Com’è oggi l’acqua? Chiede un pesce ad altri due pesci. E uno dei due: acqua? Cos’è l’acqua?.
Il tutto condito da tanti altri piccoli segnali: separazione netta fra “maschi” e “femmine” nella scuola elementare di mia figlia. Una maestra vecchio stile che non perdeva occasione di rimarcare come “le femmine non sanno giocare, sprecano la ricreazione a discutere.” Le aggressioni alle donne, violentissime, scioccanti, in rete – no, non è colpa della rete; è che ora le vediamo e il palcoscenico si è dilatato all’infinito.
E poi, a margine del caso Weinstein che da noi è diventato il caso Asia Argento, l’idea di Giulia Blasi, che da sempre è una che non lascia correre, mai. Raccontiamo tutte #quellavoltache siamo state molestate, offese, aggredite. Quando non siamo riuscite a trovare le parole per urlare il nostro schifo e ci siamo sentite colpevoli, anziché vittime. Quando abbiamo perso un’opportunità, una promozione, il lavoro, perché non siamo state abbastanza carine. Quando, anche, siamo state invitate a un convegno come quota rosa perché ‘ci manca la donna’, ma poi il microfono a noi non arrivava mai. Quando agli stessi convegni abbiamo ascoltato per ore uomini parlare della condizione del lavoro femminile.
Insomma, essendo pessimista, lo avrete capito, pensavo che all’appello di Giulia avrebbero, avremmo, risposto in poche. E invece è stata (è ancora) una valanga straziante, bellissima, commovente. Se leggete i tweet tutti in fila vi viene da urlare e piangere, a volte sorridere, spezza il cuore, è un fiume in piena di volti che potete quasi immaginare dietro alla timeline che si allunga ancora. Un raccolto collettivo, una presa di coscienza, l’ennesima dimostrazione della potenza positiva del web. È stato come infilare le dita nella presa per vedere se c’è corrente e sì, c’è una corrente bellissima, come la luce che appare dietro uno squarcio. E intanto, nel mondo, la stessa cosa si fa con l’hashtag #MeToo. Curioso, per una volta siamo avanti, per così dire, noi in Italia, chissà perché.
A sexual harassment awareness campaign called #MeToo is trending on social media https://t.co/JYdABEcDGf
— TIME (@TIME) 16 ottobre 2017
Io vi ringrazio tutte, Giulia in primis e poi tutte quelle che hanno dedicato un minuto per scrivere qualcosa di così delicato, che spesso fa ancora male. Perché ho una bambina che sta diventando una giovane donna e vorrei tanto che lei e le sue amiche #quellavoltache lo usino solo per ricordare un momento bello.
#quellavoltache sono tornata da una riunione con dei buoni contatti e il mio capo mi ha detto: Brava, ti sei sbottonata la camicetta, eh?
— Barbara Sgarzi (@barbarasgarzi) 14 ottobre 2017
monica says
(io ho scritto sul mio blog, perché con twitter non mi va. Se vuoi aggiungere anche la mia ‘volta che’, è qui: https://monicabionda.blogspot.com )
barbarasgarzi says
Grazie. Vuoi condividerlo su Facebook o girarlo a Giulia? Altrimenti se vuoi lo twitto io.