“Quando papà s’è ammalato, io e mia sorella Elena abbiamo preso in mano l’azienda di famiglia. E siccome eravamo tre donne e c’era pure una nipotina, nel disegnare l’etichetta è venuto fuori questo Rosso delle donne. Perché lo facciamo noi, davvero: siamo una piccola realtà, non abbiamo braccianti: Elena va sul trattore. Sì, fa tutto: come un uomo”. Pure meglio, le suggerisco io, e Paola, di Cantine del Castello Conti, ride sotto i suoi riccioli neri e indica Elena al suo fianco, impegnata a versare il suo Boca a un gruppo di partecipanti al Banco di degustazione AIS dedicato all’Alto Piemonte.
Un banco ricco, caldo, partecipato come non se ne vedono spesso: bravo a tutti i produttori che hanno avuto voglia di mettersi in gioco e raccontare, come suggerivo qui, una zona del Piemonte forse meno conosciuta dai più, quella che comprende il biellese, le colline novaresi e il vercellese.
Spero che nessuno si offenda però se questa volta voglio parlare di donne.
Perché sta arrivando l’otto marzo, perché le donne del vino sono un bellissimo gruppo di creatività, lavoro e coerenza che cresce sempre di più. Perché l’associazione Donne del vino ha preparato una serie di eventi molto belli in tutta Italia: trovate quello più vicino a voi qui.
Perché Paola, mentre mi faceva assaggiare il suo Boca (75% di nebbiolo, vespolina, un po’ di uva rara) raccontandomi che in cantina hanno conservato le bottiglie vintage a partire dal 1985 (“e devi sentire che freschezza, che gradevolezza hanno ancora”) aggiungeva anche dei dettagli bellissimi della loro vita di vignaiole. Elena che, mentre sua mamma le diceva “ma chi te lo fa fare?” ci ha messo due anni ad acquistare un ettaro di vigna, pezzettino per pezzettino, con i contadini che non volevano vendere perché è una donna: “Prima vediamo come lavori la terra, poi semmai te la vendiamo”. Elena che alla fine riesce a mettere insieme l’ettaro, tranne mille metri, un francobollo, ma propio al centro dell’appezzamento e di proprietà di cinque eredi, da mettere d’accordo con il bilancino. Mi mostra le foto di quell’ettaro ancora nudo, ricordando: “Tutto questo lavoro per assaggiare il Boca che abbiamo appena piantato lì solo fra dieci anni. Capisci che si questo lavoro si può fare solo per passione? Te lo racconto per far capire cosa c’è dietro e dentro a una bottiglia.”
Tempo, tenacia, fatica, soprattutto amore, amore per la terra. Non so voi, ma io pensando a quel nuovo ettaro costruito metro per metro, mi sono commossa.
Quindi, fatemi un favore: per l’otto marzo stappate una bella bottiglia. E scegliete il vino di una donna. Quello di Paola ed Elena.
Quello di Marilena Barbera, che a guardarla sorridere vi arriva tutto il sole della Sicilia. E con la Bambina non sbagliate mai.
Un Vite Colte di Cristina Torrengo, che oltre ad avere in produzione uno dei miei Barbera preferiti fa quel Fra donne sole che sembra fatto apposta per una serata di chiacchiere fra ragazze, a partire dal nome, appunto.
Andate a trovare Fiammetta Mussio a Viarigi e fatevi raccontare la storia del Grignolino, giocate con le sue tre cagnolone e con la sua gatta (tutte femmine, certo. Serve specificarlo?). Ma soprattutto fatevi portare da lei a conoscere le sue donne del vino, che sono meravigliose. Qualche idea la trovate già qui:
O ancora, fatevi un giro nella mia Liguria e passate da Laura Angelini de La Pietra del focolare.
E chiedo scusa a tutte le altre donne del vino che dimentico e che non ho ancora avuto la fortuna di conoscere, ma brindo a voi.
Meno mimose, più calici.
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Visto che l’argomento food&wine è di quelli spinosi, ci tengo a precisare che non lavoro per nessuna di queste produttrici. Semplice stima e tanti vini assaggiati 🙂
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