Momento autoreferenziale: Carlo Cracco fu il primo grande chef che intervistai quando inizia a scrivere di food per Grazia. Fu un bellissimo momento professionale: dopo di lui, fra gli altri, ho avuto il piacere di incontrare Bruno Barbieri, Gordon Ramsay e Antonino Cannavacciuolo. Lavoravo con una fotografa bravissima, Stefania Sainaghi (a proposito, cara Stefania, quando rifacciamo qualcosa insieme? E a proposito due, ho scandagliato Pc vecchissimi alla ricerca di quelle foto che mi hai scattato nel ristorante Cracco-Peck, ma non le ho trovate. Non è che per caso tu hai ancora l’archivio di, ehm, circa 10 anni fa? Credo che il servizio fosse questo).
Era un Cracco molto diverso da oggi: prima di Masterchef, del cambio di look, della fama nazionale. Mi raccontò di quanto amasse viaggiare e di quanto lo avesse colpito il Brasile, sia come paesaggio che come gusti e sapori. Del fatto che non sentisse mai la fatica, perché il suo lavoro era essenzialmente passione. Una cosa però aveva in comune con il Cracco di oggi: la gentilezza. Forse per chi confonde il personaggio tv con la persona può sembrare strano; ma io l’ho incontrato diverse volte, per interviste, per presentare i suoi libri, per gli show cooking: non l’ho mai visto altro che cortese e paziente nel spiegare a chiunque, più volte, come andava fatto quel particolare passaggio di una sua ricetta, o nel rispondere per l’ennesima volta alle solite domande. Un po’ ruvido, forse; ma io sono di Genova, per cui la ruvidezza a quel livello neanche la percepisco, probabilmente.
Da quel 2009, per strani incroci del destino, ho incontrato Cracco ancora parecchie volte: l’ho intervistato anche per Donna Moderna (e mi ha lasciato la sua ricetta del tiramisù leggero), ho organizzato la presentazione di A qualcuno piace Cracco con un bel gruppo di blogger, ho presentato lo stesso libro al Festival del giornalismo di Perugia (con un pubblico da stadio) e ho moderato uno degli incontri più divertenti della mia carriera di moderatrice, appunto: quello al Salone di Torino, con Cracco appunto e Bruno Barbieri.
Tutto questo per dire che sono stata molto felice di ritrovarlo alla serata Carni dal mondo, organizzata da Amazon Prime Now per presentare la nuova fornitura di carni, appunto, in collaborazione con Lombardia Carni (prevedo mutui, ahimè). Perché sì, sono (anche) carnivora, confesso. Perché ero in prima fila a osservare come realizzava le sue ricette. Perché torno con molti suggerimenti interessanti su come si lavorano e preparano le carni e perché ho assaggiato un manzo di Kobe eccellente, appena scottato sulla piastra. Sappiamo che quelle del massaggio, della musica classica e altri ameni aneddoti sono sciocchezze e che la qualità incredibile di quella carne è dovuta essenzialmente l’alimentazione a cereali; in ogni caso, vale quel che costa (anche se non è esattamente alla portata di tutti: circa 350 euro al chilo il controfiletto, circa 500 il filetto). Ecco qualche piatto che abbiamo visto preparare da Cracco e subito dopo assaggiato, per valorizzare questi tagli particolari.
Crudo di scamone scozzese con spinacino e lampone
Carne molto magra, che può essere tagliata a coltello anche a cubetti leggermente più grandi della classica battuta. Condita pochissimo, quasi niente (quanto apprezzo il sale in dosi omeopatiche: grazie!). Cracco non era soddisfatto dei lamponi, non ancora la stagione giusta: andrebbero molto maturi, spezzati a mano sulla carne.
Crudo di roastbeef argentino, insalata riccia, nocciole e frutto della passione
La carne argentina è lievemente più grassa e Cracco consiglia di tagliarla più sottile, affinché il grasso non infastidisca. L’abbinamento con il frutto della passione era davvero notevole.
Roastbeef di Black Angus australiano e gel di aceto balsamico
Un roastbeef cotto alla perfezione, lievemente insaporito da un aceto balsamico delicatissimo.
Passavano, e sono solo riuscita a fotografarli in mano allo chef (ma non ad assaggiarli, purtroppo) anche gli involtini di Roastbeef argentino ripieni di sedano rapa tagliato a striscioline sottili, appena scottati in un brodo stile shabu shabu, fatto con ritagli della stessa carne. “Immersi per un attimo, mi raccomando: devono essere solo scaldati, non cotti!”. Gli involtini erano accompagnati da una maionese al coriandolo fresco: 65 grammi di coriandolo fresco per 1 litro di maionese.
Gran finale con trancio di American Wagyu brasato e soprattutto con il trancio di Kobe Beef che vedete nella foto in apertura scottato alla piastra. Anzi no, gran finale del gran finale, la pasta al ragù di Wagyu, celestiale. Ok, ora ho terminato la quantità di carne che solitamente mi concedo in un mese, ma va bene così.
E c’è stato anche spazio per il racconto di come Cracco elabora le sue ricette: “Sono intuizioni che arrivano all’improvviso, per cui non le scrivo mai perché ho paura di perdere troppo tempo a cercare carta e penna e di dimenticarle. Registro l’idea al volo sul cellulare, e poi la elaboro.” Da solo? “Una persona sola è ammessa in cucina nel momento della creazione di un nuovo piatto: Luca Sacchi, il mio braccio destro”.
Solito disclaimer: non collaboro né con Cracco né con Prime Now, ma mi piacerebbe molto, sì.
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